Dopo la strana parentesi che ogni anno si apre e si chiude con la stagione estiva, l’autunno rappresenta la ripresa della routine, il rientro al lavoro. Non per tutti, purtroppo, in un periodo di dilagante disoccupazione. E non per tutti nelle condizioni desiderate. Come già messo in evidenza in questo blog, negli ultimi anni si sono sviluppate dinamiche, tendenze e forme di lavoro che sembrano muoversi in direzione opposta rispetto all’ambito traguardo di un lavoro dignitoso. Tra queste figura anche il fenomeno della Arbeitsverdichtung.
Definita dal monolingue Duden come “Zunahme der zu bewältigenden Arbeit[sschritte] bei gleichbleibender Arbeitszeit”, la Arbeitsverdichtung è descritta ancor più chiaramente sul sito web del progetto Psychische Gesundheit in der Arbeitswelt (psyGA), che afferma:
In tedesco, dunque, il termine Arbeitsverdichtung individua un concetto ben preciso: l’aumento del carico di lavoro per unità di tempo. In altre parole, la persona si trova a dover esplicare un maggior numero di mansioni senza che a tale scopo gli venga concesso più tempo.
Nella mia ricerca di un traducente italiano, sono partita dalla consultazione della banca dati terminologica multilingue dell’UE (IATE). Che in questo caso, purtroppo, sbaglia.
Arbeitsverdichtung viene qui proposto come sinonimo di Arbeitsbereicherung, corrispondente all’inglese job enrichment e traducibile in italiano con “arricchimento delle mansioni” o “arricchimento dei compiti”, come proposto dal dizionario Simone. La Arbeitsbereicherung, tuttavia, si distingue dalla Arbeitsverdichtung per due aspetti: la natura precisa dei compiti aggiuntivi attribuiti al lavoratore – mansioni che prevedono un aumento di responsabilità e spianano la strada per un avanzamento di carriera – e l’assenza del fattore tempo come metro di misura dell’aumento del carico di lavoro.
Per le stesse ragioni ho escluso dalla rosa dei possibili traducenti il termine “ampliamento delle mansioni”, corrispondente all’inglese job enlargement, che il Simone definisce come “Strategia (…) che prevede un aumento delle mansioni periodicamente affidate ai lavoratori. I nuovi compiti assunti dal lavoratore non prevedono una mobilità in senso verticale, in quanto, pur essendo diversi da quelli a lui tradizionalmente affidati, non comportano assunzioni di poteri e funzioni diverse da quelli tradizionali, a differenza del job enrichment (v.)”. Anche in questo caso, ha grande rilievo la natura delle mansioni aggiuntive, mentre è del tutto assente il fattore tempo.
Ho compiuto, allora, un ultimo tentativo. Mi sono appoggiata all’idea di Steigerung der Arbeitsintensität espressa nella definizione del progetto psyGA (v. primo riquadro in alto) per sondare la soluzione “intensificazione del lavoro”. E sono finita di nuovo in un vicolo cieco. Quando in italiano parliamo di “intensificazione del lavoro”, lo facciamo o in termini di “ritmi elevati, tempi stretti, ripetitività, scarsa autonomia e controllo” (“Sociologia del lavoro” di Serafino Negrelli) – definizione tanto intuitiva quanto vaga, almeno in confronto al precisissimo concetto di Arbeitsverdichtung – o nel contesto della regolamentazione delle prestazioni lavorative di specifiche categorie di dipendenti, quali ad esempio il personale ATA. Ecco, allora, che la definizione del termine si restringe fin troppo e al tempo stesso si allontana dalle caratteristiche della Arbeitsverdichtung.
Pare, insomma, che sebbene il fenomeno esista anche nel mercato del lavoro italiano, esso non si sia ancora guadagnato un’etichetta linguistica. In assenza di meglio, propongo una traduzione che, lungi dall’essere l’unica possibile, soddisfa i requisiti di correttezza e precisione: “aumento del carico di lavoro per ora lavorata“. Chi ha proposte alternative? Scrivetele nei commenti!
L’autrice del contributo
Elisa Farina, nata e cresciuta in Italia, ha trascorso gli anni della prima adolescenza in Germania. Tredici anni più tardi si è stabilita in Spagna, dove vive tuttora e lavora come traduttrice dal tedesco, inglese, spagnolo e francese verso l’italiano. Per info: www.elisa-farina.com