Ormai è nell’aria. Il malcontento della categoria dei traduttori è ormai sotto gli occhi di tutti. Anche ignorando le continue rimostranze sulle tariffe offerte (si tratti di Proz, Langit o altro ancora), con la petizione a ProZ.com i traduttori si sono attivati e sono più che mai decisi ad agire. Ma a cosa potrà servire anche “ottenere” qualche cambiamento su ProZ? Un gruppo di traduttori ha comunque redatto una Proposal for a Reorganization of Proz.Com’s “Translation Industry Jobs” Board che a sua volta ha dato l’avvio ad un dibattito “privato” con il fondatore di ProZ. Tra le varie azioni in cui mi sono imbattuta mi ha particolarmente stupito quella rappresentata dal blog Il segno di Caino. L’incipit è davvero molto efficace: “The translator’s life isn’t all cocktails and canapés with big-name publishers. For as much as the profession can be rewarding, it can also be a Dickensian workhouse. And no more so than when (some) clients, publishers, and agencies offer sweatshop wages, refuse to pay for work the work they’ve commissioned, and basically treat translators like Kleenex: use and toss. But there’s too much silence among translators, and the omertà stops here. On Il Segno di Caino, we name names.”, anche se non trovo l’autore o gli autori del blog. E forse una ragione c’è visto che vengono letteralmente messi in piazza i nomi di agenzie/proprietari “cattivi”…al solito per basse tariffe, mancati pagamenti ecc. ecc. Ma forse non è arrivato il momento per noi traduttori di smettere di lamentarci e diventare finalmente imprenditori di noi stessi? Siamo liberi di accettare o meno un lavoro, come qualsiasi professionista ma dobbiamo anche assumercene il rischio…la libertà che ci offre la nostra professione è un valore ma ha pur sempre un prezzo…
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