Questa settimana mi sono occupata tra le altre cose della revisione di un testo finanziario piuttosto semplice ma che mi ha dimostrato, per l’ennesima volta, quanto il traduttore debba prestare attenzione a non lasciarsi influenzare troppo dalla lingua di partenza e a ricercare sempre la soluzione migliore per il pubblico di destinazione.
È il caso di paradiso fiscale che il traduttore inglese del mio testo aveva ingenuamente tradotto con fiscal paradise. Pur sapendo che normalmente la traduzione più frequente è tax haven, è buona norma per un revisore fare alcune verifiche per non apportare modifiche immotivate alla traduzione altrui. Le ricerche hanno confermato la mia intuizione iniziale: fiscal paradise è un calco probabilmente creato da autori di madrelingua neolatina perché il concetto stesso di “paradiso” manca nella locuzione tax haven ed è stato introdotto solo dopo alcune traduzioni errate. Tranquilli però l’errore accomuna molte lingue neolatine, non solo l’italiano; anche in francese e spagnolo si parla rispettivamente di paradis fiscaux e di paraisos fiscales ma non escludo che anche traduttori di altre lingue siano caduti nel tranello.
Eh sì, vi prego, aguzzate la vista!
L’espressione inglese corretta, “coniata nel 1727 da Giorgio II re di Gran Bretagna per designare le Isole Cayman” (Treccani) non è tax heaven ma tax haven che, a mio parere, veicola molto meglio del nostro paradiso fiscale il senso e le caratteristiche di questo luogo. Haven non è infatti il paradiso ma un rifugio, un porto sicuro; queste giurisdizioni non sono tanto dei luoghi paradisiaci ma nascondigli e luoghi occulti in cui alcune persone, giuridiche o fisiche che siano, spostano i propri fondi per sfruttare un regime fiscale più favorevole.
Lo conferma anche Tiziano Bacarani in “I paradisi fiscali del nuovo millennio” dove afferma:
[…] in realtà, parlare di “paradiso fiscale” è inappropriato poiché questi luoghi non offrono soltanto la possibilità di sottrarsi al fisco e al pagamento delle tasse, ma forniscono anche segretezza, una via di fuga dalla regolamentazione finanziaria e la possibilità di aggirare le leggi e le norme di altre giurisdizioni, ossia dei Paesi dove vive la maggior parte della popolazione mondiale.
Il danno ormai è fatto. E tax haven non può che essere tradotto con paradiso fiscale in lingua italiana. Viceversa però chi traduce verso l’inglese non si deve far influenzare: fiscal paradise e tax heaven non sono traduzioni accettabili in lingua inglese, come afferma anche Licia Corbolante:
Si può quindi supporre che la locuzione fiscal paradise sia stata citata in alcune pagine solo per “catturare” le ricerche di persone non di madrelingua che ricorrono a traduzioni letterali.
E voi, che mi dite delle lingue non neolatine? Anche tedesco, olandese e russo cadono nello stesso errore? Raccontatecelo nei commenti!
L’autrice del contributo
Da oltre 10 anni Chiara Zanardelli si occupa di traduzioni finanziarie e legali nelle combinazioni inglese-italiano e spagnolo-italiano. Insieme all’amore per le lingue, nutre da sempre una forte passione per le nuove tecnologie e l’innovazione digitale. Per info: www.traduzionechiara.it