Torniamo a parlare questa settimana di terminologia legale e, in particolare, di due termini spesso fonte di grattacapi per molti traduttori: statute e il suo corrispondente aggettivo statutory.
Come si evince chiaramente dalla sua definizione (“Principale fonte legislativa scritta dei paesi anglosassoni, che si contrappone al diritto elaborato dalle Corti giurisdizionali” cit. Dizionario giuridico Simone), lo statute di common law non corrisponde al nostro statuto sia a livello pubblico (“È l’atto normativo fondamentale in cui si manifesta in maniera piena e completa l’autonomia dei Comuni e delle Province” cit. Dizionario giuridico Simone) sia privato (“È il documento, redatto nella forma dell’atto pubblico, che contiene le norme che regolano la vita della società” cit. Dizionario giuridico Simone). Come ben sintetizza Serena De Palma nel suo dizionario, “nei paesi di common law, statute è una legge del parlamento” e quindi non bisognerebbe lasciarsi sviare dall’assonanza con statuto; l’aggettivo statutory potrebbe invece essere tradotto, a seconda del contesto, con normativo, legale o legislativo: “statutory audit” non è, ad esempio, una “revisione dei conti statutaria” ma una “revisione legale dei conti”.
Statute e statutory sono semplici false friends come nel caso presentato in questa stessa rubrica qualche settimana fa?
La risposta è no. Per questi due termini la questione si complica: all’interno dell’UE assumono un significato completamente nuovo rispetto a quello tradizionale (vale a dire di common law), con statute che sarà proprio statuto come in “Statute of the Court of Justice” (semplicemente “statuto della Corte di giustizia” dalla fonte ufficiale EUR-Lex). Molto diffuso nel corpus dell’UE è anche l’aggettivo statutory, soprattutto nell’espressione “statutory instrument” che ha la traduzione ufficiale di “legge delegata” ossia una forma di normativa secondaria simile ai decreti legislativi e ai decreti legge dell’ordinamento italiano.
Attenzione quindi al contesto, in particolare se è coinvolta l’UE che utilizza molto spesso una terminologia diversa rispetto a quella abituale dei vari settori. Anche a voi è capitato di imbattervi in una terminologia europea “strana”? Raccontatecelo nei commenti!
Nel frattempo, vi lascio con alcuni link utili per risolvere qualche problema di gergo dell’Unione europea (e non chiamiamolo gergo comunitario!!):
L’autrice del contributo
Da oltre 10 anni Chiara Zanardelli si occupa di traduzioni finanziarie e legali nelle combinazioni inglese-italiano e spagnolo-italiano. Insieme all’amore per le lingue, nutre da sempre una forte passione per le nuove tecnologie e l’innovazione digitale. Per info: www.traduzionechiara.it