In this world nothing can be said to be certain, except death and taxes
(B. Franklin)
“Non c’è nulla di certo in questo mondo, tranne la morte e le tasse”.
Non deve sorprendere che questa citazione sia ampiamente sfruttata e non di rado con tono polemico. È pur vero che le tasse sono il prezzo della civilizzazione: “Taxes are what we paid for civilization societies”, ha affermato il giudice della Suprema Corte statunitense, Oliver Wendell Holmes Jr.
La storia dell’uomo, dall’antico Egitto ai giorni nostri, è strettamente connessa ai sistemi di tassazione che al pari dei sistemi giuridici costituiscono l’identità di una nazione: il tributo cammina di pari passo con l’uomo. La sua formulazione legislativa e l’applicazione pratica non possono essere avulse dal contesto socio-economico. È in questa prospettiva che s’inquadra la considerazione del linguaggio tributario come marcatamente “sociale” rispetto ad altri linguaggi giuridici. Il lessico tributario è al contempo ordinario e tecnico, ma i destinatari sono tutti i contribuenti, esperti e non, perché tutti in qualche modo sono toccati dal prelievo tributario.
Ne consegue che nella traduzione giuridico-tributaria le difficoltà che si riscontrano possono essere di tipo testuale o terminologico, ma per la soluzione dei problemi non si può prescindere da un approccio anche culturale. I sistemi impositivi considerati possiedono a volte istituti confrontabili ed equivalenti, talvolta istituti diversi e non equivalenti. Non solo, può esservi un’equivalenza dal punto di vista letterale e non concettuale.
Quali sono i “ferri del mestiere” del traduttore che si cimenta in ambito tributario?
Vi propongo le più autorevoli risorse in lingua inglese:
- Il glossario multilingue dell’’International Bureau of Fiscal Documentation: IBFD International Tax Glossary, 7th ed. Rogers-Glabush, Julie, ed. Amsterdam, Netherlands: IBFD, 2015. È disponibile anche una versione online monolingue
- Il Tax Glossary dell’IRS, Internal Revenue Service (EN-US)
- L’OECD Glossary of tax terms
Non si possono non citare questi tre dizionari monolingue:
- Smith, Robert Sellers. West’s Tax Law Dictionary. Paul, MN: Thomson/West, 2017
- Westin, Richard. Tax Dictionary. Valhalla, NY: Thomson Reuters/WG&L, 2017
- Leach’s Tax Dictionary
Alla luce di queste premesse, andiamo ora a considerare il concetto di tax partendo da alcune definizioni tratte dalle risorse considerate.
Il Leach’s, Tax Dictionary fornisce la seguente definizione:
Questa definizione sottolinea l’aspetto della coattività del tributo (charge levied) che risulta dovuto dal contribuente indipendentemente dalla controprestazione che l’ente pubblico svolge a suo favore.
Il R.A. Westin, WG & L Tax Dictionary, propone invece la seguente:
Si nota come oltre alla natura coattiva, in questo caso, si faccia riferimento in modo più articolato, alla sostanza della natura giuridica (regardless of its label) piuttosto che alla veste formale.
L’IBFD, International Tax Glossary, fa un passo oltre chiarendo che non esiste una definizione univoca di tax, si legge, infatti:
In questo caso la definizione è sfuggente e molto generica, senza chiarire l’obbligatorietà che il termine levy richiede e al tempo stesso confusoria perché fa riferimento alla sanzione (penalty) che esiste in materia tributaria, ma che in un contesto definitorio, risulta un fuor d’opera.
L’OECD, Glossary of tax terms, interviene con una definizione stringata ma efficace e densa di concetti:
L’aggettivo compulsory ne sottolinea la coattività, il termine unrequited lo connota nella sua coattività, intesa come indipendenza dalla volontà del contribuente che ne è assoggettato anche contro il proprio volere, diversamente da quanto accade per le obbligazioni contrattuali, che presuppongono sempre la volontà del contraente perché il contratto sia valido ed efficace.
Passiamo ora a ragionare sulle definizioni di tax considerate, alla luce delle previsioni normative e degli istituti che essi costruiscono, ovvero valutando i sistemi tributari per come concretamente funzionano. Senza alcuna pretesa di completezza e a titolo puramente illustrativo, osserveremo che il sistema tributario anglosassone si basa su un doppio livello di imposizione: un primo livello gestito dall’HMRC (HM Revenue and Custom) e un secondo livello che riguarda i tributi locali. Si parla rispettivamente di due macro-categorie: direct taxes e indirect taxes.
Il sistema tributario statunitense consegue dalla natura di stato federale. Esistono governi autonomi tra loro: i governi locali, quelli degli stati federati, infine il governo federale; ciascuno di essi è dotato di potere impositivo, al proprio livello.
Nel sistema italiano, il potere impositivo spetta pressoché esclusivamente al potere centrale, quindi al Parlamento nazionale. Per la verità, l’art. 117 Cost. prevede che i Comuni, le Province, le Città metropolitane e le Regioni abbiano risorse autonome. Stabiliscono e applicano tributi ed entrate proprie, in armonia con la Costituzione e secondo i princìpi di coordinamento della finanza pubblica e del sistema tributario. È importante notare che dal punto di vista del linguaggio, nel sistema italiano non vi sono nei testi legislativi, differenze fra tributi istituiti dallo Stato (siano essi imposte, tasse o quant’altro) e tributi istituiti da altri enti locali.
Francesco Tesauro osserva sul punto:
Nel linguaggio ordinario i termini tributo, imposta, tassa, contributo sono sinonimi; nel linguaggio giuridico, invece, sono termini tecnici. Nel nostro ordinamento, non esistono definizioni legislative né del tributo, né delle sue specie. Il legislatore ne presuppone le nozioni, per cui è necessario assumerle nel significato che ad esse è attribuito nella tradizione dottrinale e giurisprudenziale.
(Tesauro F. Compendio di diritto tributario, sesta ed., UTET Giuridica, Milano, 2016, pp. 3-7).
Tributo è quindi un termine che indica un genus, comprendendo in esso una serie di fattispecie, secondo la classificazione tradizionale, costituite da imposte, tasse e contributi.
La caratterizzazione di specie, all’interno di questo genus, dipende dal tipo di presupposto cui si collega il tributo, vale a dire dalla ragione che giustifica il prelievo (questo è il presupposto), quindi la risposta alla domanda “perché si paga il tributo?”.
Da un punto di vista terminologico osserveremo che tributo è iperonimo mentre imposta, tassa, contributo sono iponimi e isonimi tra loro.
Il tributo chiarisce Pietro Boria:
Viene identificato con riferimento a quattro elementi qualificanti:
- depauperamento patrimoniale del consociato;
- coattività della prestazione patrimoniale richiesta al consociato;
- destinazione del gettito a enti pubblici;
- funzione pubblica della prestazione patrimoniale.
Boria P., in Diritto Tributario, a cura di A. Fantozzi, quarta ed. UTET Giuridica, Milano pp. 40-49
Il tributo quindi comporta il sorgere di un’obbligazione, i suoi effetti sono definitivi e irreversibili ed esso è caratterizzato dalla coattività: in altre parole è sempre imposto con un atto dell’autorità (nel sistema italiano solo la legge, secondo l’art. 23 Cost., può disciplinare i tributi). Infine, è istituito per finanziare spese di interesse generale.
La distinzione tra tassa e imposta deriva anche dal tipo di entrata a esse collegate: poiché vi sono spese pubbliche divisibili e indivisibili (a seconda che si possa determinare per ciascun contribuente il “quanto” di spese a questi riferito, oppure no), si distingue innanzitutto fra imposte, ovvero entrate destinate a finanziare spese indivisibili e tasse, generalmente entrate destinate a finanziare spese divisibili.
L’imposta, scrive Tesauro, è:
Il tributo per eccellenza
Il presupposto dell’imposta è un fatto economico posto in essere dal soggetto passivo, che non si pone in alcuna relazione specifica con l’attività dell’ente pubblico. Le imposte sono dovute a titolo di solidarietà, per finanziare spese indivisibili nell’interesse della collettività intera, non del singolo, e sono commisurate alla dimensione economica del presupposto.
Nota ancora Tesauro:
La tassa ha come presupposto un atto o un’attività pubblica ossia l’emanazione di un provvedimento o lo svolgimento di un servizio pubblico specificamente riguardanti un determinato soggetto». Vi sono tasse collegate ad atti o provvedimenti amministrativi, tasse collegate ad un’attività pubblica, tasse collegate alla fruizione di un servizio pubblico o di un bene pubblico. La tassa è considerata un istituto di confine essendo prossima da un lato ai proventi di diritto pubblico di natura non tributaria e dall’altro ai corrispettivi di diritto privato.
Attenzione quindi, in via generale, canoni, tariffe, prezzi, diritti che devono essere corrisposti da chi fruisce di un servizio pubblico, non sono tasse, ma entrate di diritto pubblico non aventi natura fiscale!
Il termine contributo è polisemico (Tesauro F. Compendio di diritto tributario, sesta ed., UTET Giuridica, Milano, 2016, pp. 3-7). Nella lingua comune indica ciò che dà per il raggiungimento di un fine al quale concorrono più persone. Nel linguaggio giuridico è usato per indicare sia istituti tributari, sia istituti non tributari (contributi al fondo comune delle associazioni o fondazioni, per esempio).
Nel diritto tributario è denominato contributo (o tributo speciale) quel particolare tipo di tributo che ha come presupposto l’arricchimento che determinate categorie di soggetti ritraggono dall’esecuzione di un’opera pubblica destinata alla collettività in modo indistinto o dall’esecuzione di un’opera pubblica e dal beneficio che ne traggono determinati soggetti e infine sono contributi anche le prestazioni dovute a determinati enti (associazioni, consorzi) per il loto funzionamento.
Alla luce delle nozioni di tributo, imposta, tassa e contributo, quale equivalente sceglieremo per il termine inglese tax?
In via generale, l’equivalente di tax nel sistema italiano sarà tributo e non tassa perché tale termine può indicare nei sistemi anglofoni un tipo di tributo i cui requisiti sono più simili a quelli dell’imposta e non a quelli della tassa.
Valutando il tributo, dovremo verificare nel contesto se esso ha i requisiti di uno o dell’altro istituto. La scelta ricadrà più frequentemente su imposta ma attenzione, solo l’esito di questo esame ci consentirà di compiere una scelta definitiva e quindi preferire imposta o tassa.
Scegliere l’equivalente tributo in via generale, consente di trasmettere al destinatario il concetto di coattività della prestazione e il suo colpire con il prelievo un fatto indicatore di forza economica. Elementi, questi ultimi, che sono comuni sia al concetto di imposta, sia al concetto di tassa.
Il resto andrà risolto caso per caso.
L’autrice del contributo
Elisabetta Vaiti si occupa di traduzioni in ambito giuridico e legale in inglese e francese. Da quasi vent’anni collabora stabilmente con uno Studio Legale e Tributario ed è CTU presso il Tribunale di Alessandria. Per info: www.taxtrad.it