Stiamo uscendo dalla crisi. Si sente dire da tempo e da più parti. Eppure, le condizioni del mercato del lavoro faticano a migliorare. Proprio questa settimana, mi sono trovata a tradurre un articolo tedesco che, alla luce delle conclusioni di un recente studio fondato sui dati dell’Eurostat, faceva il punto della situazione. E il quadro che ne emergeva era piuttosto scoraggiante, soprattutto per i Paesi dell’Europa meridionale. In base a quanto ho tradotto, l’Italia e la Spagna – dunque la mia terra natale e la mia patria adottiva – registrano risultati tra i peggiori per indicatori quali Langzeitarbeitslosigkeit (disoccupazione di lunga durata) e Jugendarbeitslosigkeit (disoccupazione giovanile). Non migliore, purtroppo, è il loro posizionamento nelle classifiche relative al tasso dei lavoratori che vivono in condizioni di Armut trotz Arbeit.
Il traduttore che non ha familiarità con il concetto e non si accontenta (giustamente) di una traduzione letterale – “povertà nonostante il lavoro” – non ha che da svolgere qualche breve ricerca per cominciare a orientarsi. Come si legge in un articolo pubblicato dalla Bundeszentrale für politische Bildung:
Viele Menschen sind trotz Erwerbstätigkeit arm. Personen, die vom Problem ‘Armut trotz Arbeit’ betroffen sind, werden auch als ‘working poor’ bezeichnet.
L’espressione Armut trotz Arbeit, dunque, – così come i sinonimi Armut trotz Erwerbstätigkeit ed Erwerbsarmut – individua la particolare tipologia di indigenza che affligge gli Erwerbsarme, traduzione tedesca di working poor. E come chiarisce il glossario dei termini statistici dell’Organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo economico (OCSE):
The working poor are defined as the proportion of employed persons living below the poverty line.
Ora, di working poor si sente parlare molto anche in italiano. Fin troppo, se si considera che la traduzione, “lavoratori poveri“, è in uso da anni e riprende pienamente il significato del termine inglese. Meno frequente, invece, è il riferimento al preciso tipo di povertà che li riguarda. D’altro canto, il traduttore che si trova alle prese con il titolo di un seminario o con la legenda di una tabella che recita “Armut trotz Arbeit” o “Erwerbsarmut” una soluzione la deve trovare. Personalmente, quando non ho modo di ricorrere a una perifrasi, opto per povertà dei lavoratori. Ho notato, comunque, che è relativamente diffusa anche l’espressione povertà lavorativa, mentre è decisamente più rara l’espressione povertà attiva.
Cosa ne pensate? Vi convincono queste soluzioni? Di certo avete proposte alternative. Scrivetele nei commenti!
L’autrice del contributo
Elisa Farina, nata e cresciuta in Italia, ha trascorso gli anni della prima adolescenza in Germania. Tredici anni più tardi si è stabilita in Spagna, dove vive tuttora e lavora come traduttrice dal tedesco, inglese, spagnolo e francese verso l’italiano. Per info: www.elisa-farina.com