Dopo due settimane dal voto britannico sulla Brexit, il futuro è ancora incerto; l’esito del referendum ha però dimostrato quanta presa abbia avuto sugli elettori lo slogan del “TAKE control” che ha posto l’accento sulla sovereignty perduta con l’appartenenza all’UE.
Ma i britannici recupereranno davvero la propria sovranità con l’uscita dall’UE?
Innanzitutto bisogna dire che il termine sovereignty, pur non ponendo problemi di traduzione, ha una definizione piuttosto articolata che, nel caso della Brexit, vede intrecciarsi tre tipi di sovranità: parliamentary sovereignty, popular sovereignty ed external sovereignty.
La sovranità esterna, altrimenti detta internazionale, “riguarda i rapporti dello Stato con gli altri Stati o organizzazioni internazionali e si sostanzia nell’effettiva e concreta autonomia che ciascuno Stato, in virtù della sua originarietà, possiede” (dizionario giuridico Simone); è proprio questa la sovranità a cui hanno fatto riferimento i promotori del Leave, sulla scia delle aspettative che, con l’abbandono dell’UE, il Paese avrebbe potuto recuperare la sua peculiare sovranità parlamentare. Secondo la dottrina britannica, “il parlamento è l’organo legislativo sovrano, il cui potere non è soggetto ad alcuna autorità superiore, nessun parlamento può vincolare con le sue decisioni il successivo e le corti di giustizia non possono rifiutarsi di applicare le leggi” (Giulia Caravale). E curiosamente proprio questa sovranità parlamentare è ora in conflitto con la sovranità popolare espressa mediante il referendum. Mi spiego: l’esito del referendum britannico è espressione della volontà popolare ma non è in alcun modo vincolante trattandosi di uno strumento consultivo. Nulla di quanto contenuto nello “European Union Referendum Act 2015” stabilisce che il governo britannico sia tenuto a dare attuazione al risultato referendario. Inoltre, gran parte dei parlamentari si è espressa sempre a favore del Remain e quindi, teoricamente, il parlamento non ha alcun obbligo legale di dare attuazione al Leave.
Ciò premesso, il Parlamento farà valere la propria sovranità evitando di dare seguito alla Brexit?
Ne dubito perché, pur non avendo alcun obbligo legale, politicamente non è una buona mossa non rispettare il volere del popolo. E questa decisione potrebbe costare cara al momento di andare alle urne. Nondimeno, alcuni parlamentari come David Lammy hanno apertamente suggerito di ignorare il risultato del referendum.
A complicare ulteriormente la situazione a livello di sovranità c’è il caso di una Scozia che rivendica, più nettamente rispetto all’Irlanda del Nord, un posto nell’Unione europea, aprendo di fatto le porte a un nuovo referendum sulla propria indipendenza. Ed ecco che il “vote leave, take control” di Farage e soci rischia di far perdere del tutto il controllo sull’intero Regno Unito come ha twittato dopo l’annuncio delirisultati J.K. Rowling.
Scotland will seek independence now. Cameron’s legacy will be breaking up two unions. Neither needed to happen. https://t.co/4MDj7pndcq
— J.K. Rowling (@jk_rowling) 24 giugno 2016
Cosa ne pensate? Come si muoverà il Regno Unito per risolvere questi problemi di sovranità? Diteci la vostra sulla Brexit nei commenti!
L’autrice del contributo
Da oltre 10 anni Chiara Zanardelli si occupa di traduzioni finanziarie e legali nelle combinazioni inglese-italiano e spagnolo-italiano. Insieme all’amore per le lingue, nutre da sempre una forte passione per le nuove tecnologie e l’innovazione digitale. Per info: www.traduzionechiara.it