Per una curiosa coincidenza, qualche giorno dopo aver preso parte a un interessante scambio di opinioni circa l’adeguatezza di utilizzare sostantivi femminili per riferirsi a professioni e cariche ricoperte da donne (amministratrice delegata, ministra e via dicendo), mi sono trovata a tradurre un testo in cui si criticava aspramente la decisione di un’organizzazione sindacale tedesca di non adoperare la gegenderte Sprache.
Come si legge sul monolingue Duden, il verbo gendern trova uso nel linguaggio politico per indicare l’applicazione del Gender-Mainstreaming, termine mutuato dall’inglese ed entrato nel dizionario tedesco con il significato di “Verwirklichung der Gleichstellung von Mann und Frau unter Berücksichtigung der geschlechtsspezifischen Lebensbedingungen und Interessen”. Con l’espressione gegenderte Sprache, dunque, il tedesco offre un’ulteriore dimostrazione della sua proverbiale capacità di sintesi, comprimendo in appena due parole il concetto del ricorso a soluzioni ortografiche, lessicali e grammaticali tese a conseguire la parità di genere sul piano linguistico.
Come traduttrice, ho dovuto riflettere attentamente sul modo in cui rendere il termine tedesco. Nelle mie ricerche, mi sono imbattuta in un ampio ventaglio di possibili soluzioni. Quello che Cecilia Robustelli definisce “un rivoluzionario volumetto”, Il sessismo nella lingua italiana di Alma Sabatini, pubblicato nel 1987 dalla Presidenza del Consiglio dei Ministri, ha dato slancio all’uso dell’espressione linguaggio non sessista. Il Parlamento europeo ha ultimato nel 2008 una prima serie di linee guida per un linguaggio neutro dal punto di vista del genere. Del 2011 è in un’interessante dispensa dell’Università degli Studi di Palermo, in cui si parla di linguaggio rispettoso dei generi, linguaggio non discriminatorio e linguaggio inclusivo.
Lo ammetto: dopo un paio d’ore di ricerca e lettura, l’ago della mia personale bussola terminologica aveva preso a ruotare all’impazzata.
Come si suol dire, però, chi la dura la vince, e così, dopo ulteriori approfondimenti, ho trovato il nord nell’espressione linguaggio di genere. A convincermi sono stati in particolare il decreto istitutivo di un gruppo di esperti in materia di linguaggio di genere presso il Dipartimento per le Pari Opportunità e l’intervento di Cecilia Robustelli alla X Giornata della Rete per l’Eccellenza dell’italiano istituzionale, nei cui atti l’esperta definisce il linguaggio di genere quale una “denominazione sintetica di linguaggio rispettoso dell’identità di genere (…) diventata ormai una sorta di tecnicismo lessicale”.
Vi siete mai trovati alle prese con l’espressione tedesca gegenderte Sprache? Per quale traduzione vi siete orientati e perché? Scrivetelo nei commenti!
L’autrice del contributo
Elisa Farina, nata e cresciuta in Italia, ha trascorso gli anni della prima adolescenza in Germania. Tredici anni più tardi si è stabilita in Spagna, dove vive tuttora e lavora come traduttrice dal tedesco, inglese, spagnolo e francese verso l’italiano. Per info: www.elisa-farina.com