È di poche settimane fa la notizia della conferma, da parte del Senato brasiliano, dell’impeachment nei confronti della Presidente Dilma Rousseff, che ne ha comportato la sospensione dall’incarico per un periodo di 180 giorni.
Ma cosa si intende di preciso con impeachment? E ancora, è legittimo l’utilizzo da parte della stampa italiana del termine in lingua inglese?
Ma partiamo dalle origini. Anche se oggi il termine è prevalentemente associato alla storia statunitense con i casi di Johnson (accusato di abuso di potere nella gestione del periodo successivo alla Guerra Civile), Nixon (con lo scandalo Watergate) e, più recentemente, Clinton (che aveva giurato il falso in relazione ai suoi rapporti con Monica Lewinsky), l’istituto nasce nel 1376 in Gran Bretagna quando furono messi sotto accusa per corruzione e incapacità alcuni ministri di Edoardo III, oltre alla sua amante. La norma venne poi recepita dalla Costituzione statunitense che, nella sezione dedicata alle Impeachment Clauses, recita:
The President, Vice President and all Civil Officers of the United States, shall be removed from Office on Impeachment for, and Conviction of, Treason, Bribery, or other high Crimes and Misdemeanors.
Mentre l’impeachment è codificato con precisione nella costituzione statunitense, nel diritto costituzionale italiano – a dispetto dell’ampio uso giornalistico del termine (256.000 risultati nei siti .it ottenuti con la ricerca di impeachment su google.it) – non ricorre affatto questo termine. Tracce però di un istituto simile a quello statunitense sono rilevabili nell’articolo 90 della Costituzione italiana che recita:
Il presidente della Repubblica non è responsabile degli atti compiuti nell’esercizio delle sue funzioni, tranne che per alto tradimento o per attentato alla Costituzione. In tali casi è messo in stato di accusa dal Parlamento in seduta comune, a maggioranza assoluta dei suoi membri.
Questo articolo della Costituzione fornisce quindi una possibile soluzione al nostro dilemma: la procedura dell’impeachment è “assimilabile” a quella della messa in stato d’accusa della Costituzione italiana con alcune importanti differenze, tra cui i destinatari (Presidente degli Stati Uniti, Vice Presidente, segretari di Stato, funzionari federali e giudici della Corte Suprema vs. Presidente della Repubblica), l’organo con potere decisionale in merito alle accuse (Senato vs. Corte costituzionale), le motivazioni (tradimento, corruzione, altri crimini gravi e misfatti vs. attentato alla Costituzione e alto tradimento), ecc.
La mia scelta cade quindi sull’espressione messa in stato d’accusa – eventualmente accompagnata dall’aggettivo statunitense – che, pur con le debite differenze (ricordiamo che raramente troviamo piena corrispondenza fra gli istituti di common e civil law), rappresenta il corrispondente italiano dell’impeachment statunitense.
Cosa ne pensate? Preferite utilizzare l’anglicismo o avete soluzioni alternative? Raccontatelo nei commenti!
L’autrice del contributo
Da oltre 10 anni Chiara Zanardelli si occupa di traduzioni finanziarie e legali nelle combinazioni inglese-italiano e spagnolo-italiano. Insieme all’amore per le lingue, nutre da sempre una forte passione per le nuove tecnologie e l’innovazione digitale. Per info: www.traduzionechiara.it