Quest’anno, una buona fetta del mondo ha celebrato un bianco Natale tinto di grigio: il grigio dello smog, il grigio – invisibile ad occhio nudo, ma denso e sporco nell’immaginario collettivo – delle polveri sottili che per giorni hanno ecceduto i valori limite, il grigio della cappa velenosa che ha attanagliato le città e spinto le autorità ad adottare provvedimenti di emergenza. Un grigio cui da tempo si contrappone il verde di uno sviluppo economico, sociale e tecnologico rispettoso dell’ambiente ed ecosostenibile.
Come ben sintetizzato da Amanda Spisto, il termine green è usato “per fare riferimento ai temi legati alla salvaguardia dell’ambiente naturale e per attribuire a un’azione, a un’attività o a uno status una connotazione che richiami i principi della sostenibilità ambientale”. In questo senso, l’ONU ha identificato tra gli assi portanti del proprio programma per l’ambiente la green economy, l’OSCE ha elaborato una strategia orientata alla green growth e l’EU-OSHA ha effettuato uno studio dettagliato sui possibili sviluppi dei green jobs.
L’aggettivo inglese green è ormai tanto radicato nell’uso italiano da essere entrato in alcuni dizionari (es. Vocabolario Treccani). Il suo impiego è frequente e corretto.
Può, tuttavia, essere considerato necessario?
No. Nell’accezione in oggetto, il traducente italiano verde vi si sovrappone alla perfezione. Si può dunque parlare, senza perdere per strada alcuna sfumatura, di economia verde, crescita verde e lavori verdi. Ecco, allora, che un titolo come Grüne Produkte in Deutschland, in capo a una pubblicazione dell’Agenzia tedesca per la protezione dell’ambiente, può essere tradotto con Prodotti green in Germania come pure con Prodotti verdi in Germania. E, non meno correttamente, ricorrendo a espressioni quali prodotti ecologici, prodotti a ridotto impatto ambientale o prodotti rispettosi dell’ambiente.
Per chiudere, una nota personale: tra green e verde, la mia preferenza va al secondo. Le circostanze hanno voluto che l’italiano attuale disponesse di un termine semanticamente equivalente al vocabolo inglese da cui deriva. Perché non usarlo?
L’autrice del contributo
Elisa Farina, nata e cresciuta in Italia, ha trascorso gli anni della prima adolescenza in Germania. Tredici anni più tardi si è stabilita in Spagna, dove vive tuttora e lavora come traduttrice dal tedesco, inglese, spagnolo e francese verso l’italiano. Per info: www.elisa-farina.com