Dal 14 al 16 marzo scorso si è tenuta a Roma la IV Conferenza regionale di UNI Europa. Il mio coinvolgimento professionale, purtroppo, è stato marginale (mi sono occupata della revisione di un paio di comunicati stampa, ma nulla di più). A titolo personale, tuttavia, ne ho seguito lo sviluppo con grande attenzione. Mercato del lavoro, politica dell’occupazione, dialogo sociale sono il mio pane (traduttivo) quotidiano ed è essenziale che io ne conosca a fondo gli ingredienti e la preparazione se non voglio che il boccone mi vada di traverso. Così, lettura dopo lettura, mi sono imbattuta in un coinvolgente estratto del libro “Digital employment and working conditions” in Europe, in cui Kirsty Milland svela luci e ombre di una nuova forma di occupazione non molto nota ai più e in costante crescita: il crowd work.
Del crowd work – anche detto crowdworking o crowd employment – si parla ancora poco, ma se ne parla. Nel rapporto del 2015 intitolato “New forms of employment“, Eurofound offre una prima sintetica definizione del crowd employment in questi termini: “[employment form] where an online platform matches employers and workers, often with larger tasks being split up and divided among a ‘virtual cloud’ of workers”. La definizione è poi ampliata in un capitolo successivo del documento, in cui gli autori si sforzano di fare il punto su un modello di lavoro dai contorni ancora sfumati e dagli effetti socio-economici per il momento difficili da valutare. Una realtà nuova, dunque, identificata da un termine nuovo. A proposito del quale il sito World Wide Words afferma: “This is currently mostly an in-term for internet pundits, though its potential social impact means that it’s likely to become more widely known”.
Nella lingua italiana, questa forma di occupazione è ancora priva di una designazione altra dal forestierismo. Sul sito della Conferenza di UNI Europa si fa ricorso all’inglese, così come in altre fonti, tra cui questo articolo di Rassegna Sindacale, testata d’informazione della Cgil, e in questo approfondimento pubblicato su Connessioni Precarie (dove, però, si avanza una proposta di traduzione: “lavoro nella folla”).
Si potrebbe cercare di elaborare un’alternativa in italiano?
A mio parere sì. In crowd work – o crowdworking o crowd employment, che dir si voglia – vedo un candidato ideale per i lavori del gruppo Incipit, creato presso l’Accademia della Crusca allo scopo di “monitorare i neologismi e forestierismi incipienti, nella fase in cui si affacciano alla lingua italiana e prima che prendano piede”. Preferisco, tuttavia, non lanciarmi in una proposta concreta. Sono dell’idea che una designazione italiana, trasparente e precisa (o almeno non eccessivamente vaga), sia possibile, non però scontata.
Voi cosa ne pensate? Vedo un’ardua sfida dove in effetti non c’è? Diversamente da me avete già una denominazione in mente? Fatevi avanti e scrivetela nei commenti.
L’autrice del contributo
Elisa Farina, nata e cresciuta in Italia, ha trascorso gli anni della prima adolescenza in Germania. Tredici anni più tardi si è stabilita in Spagna, dove vive tuttora e lavora come traduttrice dal tedesco, inglese, spagnolo e francese verso l’italiano. Per info: www.elisa-farina.com