St. Paul’s Cathedral o Cattedrale di San Paolo? Barrio Gótico, Barri Gòtic o addirittura Quartiere gotico? Quante volte vi siete bloccati davanti al nome di una località, di un punto di interesse turistico o di un monumento? Tradurre o non tradurre? Torna a scrivere sul blog Elisa Farina, specializzata in traduzioni per il turismo, che ci racconta come risolvere questi dubbi, in particolare nel difficile caso del catalano. Buona lettura!
Da qualche settimana a questa parte, e più di preciso dalle elezioni regionali tenutesi lo scorso 27 settembre in Catalogna, giornali e telegiornali spagnoli dedicano una particolare attenzione a un tema controverso e delicato: le aspirazioni di indipendenza della comunidad autónoma. Lungi dall’essere un fenomeno repentino e passeggero, il sentimento nazionalista catalano ha profonde radici storiche e ha riportato, nel corso del tempo, alcune importanti vittorie. Ne è un esempio il riconoscimento del catalano quale lingua di Stato accanto allo spagnolo.
In questa sede, come suggerisce il titolo del post, non aspiro a ripercorrere gli eventi passati che hanno plasmato il carattere della Catalogna né ad analizzare le odierne tensioni politiche. Intendo, invece, trattare un aspetto molto più circoscritto: le ripercussioni della co‑ufficialità – in essere fino a possibili sviluppi futuri – del castigliano e del catalano sulla traduzione di testi turistici.
Da diversi anni, traduco brochure, comunicati stampa e siti web di aziende turistiche e alberghiere di Barcellona. Poiché il catalano non è una delle mie lingue di lavoro, i testi mi vengono forniti in spagnolo. Fin dai primi incarichi, mi è stata chiara la sfida posta dalla gestione dei nomi di luoghi e punti d’interesse artistico-culturale: monumenti, musei, teatri e una lunga lista di eccetera.
Se è vero che in generale le tecniche di traduzione variano molto da professionista a professionista, è altrettanto vero che per la resa dei nomi nel settore turistico si tendono ad applicare alcune norme di massima.
- Se del nome esiste una versione italiana radicata nell’uso, si suole utilizzarla. Esempio: la Bastiglia, a Parigi.
- Qualora il nome proprio si componga di nomi comuni, in linea di principio e con tutte le dovute eccezioni non c’è ragione per non tradurlo, purché si adottino gli accorgimenti necessari (uso della maiuscola, ecc.) a metterne in luce la natura di nome proprio. Esempio: il Museo Ebraico, a Berlino.
- Ove il nome non disponga di una versione italiana radicata, non possa essere tradotto o sia universalmente noto nella propria forma originale, si mantiene invariato. Esempio: il Big Ben, a Londra.
A rigor di logica, le suddette linee guida dovrebbero valere anche per la traduzione di testi turistici di località catalane. E in effetti, è così. Si prendano i tre seguenti esempi, uno per ognuna delle “regole” sopra elencate:
- il monumento a Cristoforo Colombo;
- il Museo Nazionale d’Arte della Catalogna;
- la Sagrada Familia.
Esiste, tuttavia, una quarta casistica che per il traduttore rappresenta una vera e propria trappola.
Si prenda il seguente testo, redatto in spagnolo:
El palacio, ubicado junto al Paseo de Gracia, pronto se convirtió en uno de los focos culturales y sociales de Barcelona, acogiendo en sus salones reuniones, galas y bailes del Gran Teatro del Liceo.
“Gran Teatro del Liceo” è la denominazione in castigliano di quello che in catalano è noto come “Gran Teatre del Liceu”. A prima vista, poiché i termini che compongono il nome proprio sono tutti nomi comuni, si dovrebbe adottare la strategia b). Tuttavia, il buon senso dice che tradurre il nome di questo importante teatro di Barcellona sarebbe tanto inappropriato quanto tradurre in spagnolo – o in inglese o in tedesco – il nome del Teatro alla Scala di Milano.
Occorre, dunque, mantenere il nome originale. Sì, ma in spagnolo o in catalano? Entrambe lingue ufficiali, va ricordato. A questa domanda temo non si possa dare una risposta univoca. Personalmente, ho preso una decisione. Ecco la mia quarta linea guida.
Quando il testo di partenza cita nomi di luoghi o punti d’interesse turistico in castigliano, io uso (attenzione alla prima persona singolare) la versione catalana.
Nel paragrafo di cui sopra, quindi, parlerei di “Gran Teatre del Liceu” e, attenzione, di “Passeig de Gràcia” (anziché di “Paseo de Gracia”). Perché? Per amor di coerenza e chiarezza agli occhi del turista italiano in visita alla Ciudad Condal, destinatario ultimo della mia traduzione. Su qualunque cartina fornitagli in un ufficio informazioni o alla reception dell’albergo, egli troverà i nomi in catalano. Arrivato di fronte al teatro, egli distinguerà sulla facciata il seguente rilievo:
E giunto nei paraggi del palazzo di cui parla il paragrafo sopra riportato, all’angolo della strada egli troverà questa indicazione:
L’uso dei nomi in spagnolo, dunque, seppur tecnicamente corretto, comprometterebbe l’utilità pratica della traduzione.
Questa, naturalmente, è la mia opinione personale. Sarei molto felice di confrontarmi con altri punti di vista. Rivolgo la domanda a tutti i colleghi che lavorano nella combinazione ES > IT e sono specializzati nella traduzione di testi turistici: come avete risolto la questione?
Elisa Farina, nata e cresciuta in Italia, ha trascorso gli anni della prima adolescenza in Germania. Tredici anni più tardi, ormai giovane donna, si è stabilita in Spagna, dove vive tuttora e lavora come traduttrice nelle lingue italiano, spagnolo, tedesco, inglese e francese. Oltre al suo sito web vi invito a seguirla su Facebook, Google+ e Twitter.