La scorsa settimana nel corso delle ricerche effettuate per un lavoro di traduzione sono incappata più volte nell’aggettivo comunitario che il dizionario Treccani definisce:
Relativo a una comunità, che si svolge in comunità, che ha per fine la comunità […] spesso con riferimento a particolari organismi internazionali denominati comunità o che comunque tutelano interessi comuni (come, per es., la Comunità europea)
Anche senza guardare il dizionario tutti sappiamo che, in ambito legale-istituzionale, comunitario si riferisce a una specifica comunità, la Comunità europea. Ma non è forse vero che la Comunità europea non esiste più ed è stata “assorbita” dall’Unione europea con il Trattato di Lisbona del dicembre 2009?
Lo stesso Trattato recita:
i termini «la Comunità» o «la Comunità europea» sono sostituiti da «l’Unione», i termini «delle Comunità europee» o «della CEE» sono sostituiti da «dell’Unione europea e l’aggettivo “comunitario”, comunque declinato, è sostituito da “dell’Unione”»
Ne consegue che non solo gli atti formali non dovrebbero più far riferimento alla Comunità europea e all’aggettivo comunitario, ma anche i più divulgativi testi di comunicazione destinati al pubblico dovrebbero utilizzare termini alternativi. Di questo e tanto altro ha parlato diffusamente nel 2010 Elisa Ranucci (ai tempi traduttrice, revisore e responsabile della qualità del Dipartimento italiano della DGT della Commissione europea) nell’intervento “Il peso delle parole: come cambia l’italiano istituzionale con il trattato di Lisbona” in cui ha proposto alcune soluzioni all’eliminazione dell’aggettivo comunitario:
- creazione di un aggettivo ad hoc aggiungendo alla base “unione” un suffisso aggettivale (ad esempio unionale);
- utilizzo del prefisso “euro-“ per creare l’aggettivo “eurounitario”;
- utilizzo dell’aggettivo “europeo” con questa accezione.
Quasi sette anni dopo il Trattato e quasi sei dalle proposte della Ranucci, il termine “unionale” si è effettivamente diffuso a livello istituzionale (EUR-Lex riporta 2.410 risultati) e normativo; personalmente non trovo invece che il termine sia di abituale utilizzo nei testi più divulgativi che preferiscono ricorrere all’espressione “dell’Unione”, talvolta all’aggettivo “europeo” e ancora oggi a “comunitario”, come nel caso dell’Agenzia delle Entrate che parla di “partite IVA comunitarie” e “operazioni comunitarie” con questa definizione:
Una operazione è intracomunitaria quando realizzata da un soggetto passivo Iva residente in uno Stato membro dell’Unione Europea verso un soggetto passivo Iva residente in un altro Stato membro.
A conferma di questa tendenza, il Grande Dizionario Hoepli Italiano di Aldo Gabrielli cita, nella definizione di comunitario, non solo “Che concerne la Comunità Economica Europea” ma anche “Che concerne l’Unione Europea e le sue istituzioni”.
A dispetto dei dettami del Trattato di Lisbona e dell’assorbimento della Comunità europea nell’Unione europea, l’aggettivo comunitario è riuscito a sopravvivere e cambiare persino significato, andando a indicare un altro soggetto rispetto a quello originariamente designato. Un’ulteriore dimostrazione di quanto la lingua sia viva, in evoluzione e difficilmente imbrigliabile in regole imposte dall’alto. In qualità di esperto della lingua, il traduttore è però tenuto a prestare particolare attenzione all’uso di quest’aggettivo nei testi legali e istituzionali e a fare sempre riferimento alle traduzioni ufficiali, un tema di cui ho già parlato diffusamente nel blog.
Avete mai incontrato termini che hanno seguito un’evoluzione simile a quella di comunitario? Scrivetelo nei commenti!
L’autrice del contributo
Da oltre 10 anni Chiara Zanardelli si occupa di traduzioni finanziarie e legali nelle combinazioni inglese-italiano e spagnolo-italiano. Insieme all’amore per le lingue, nutre da sempre una forte passione per le nuove tecnologie e l’innovazione digitale. Per info: www.traduzionechiara.it