Nella diretta su Facebook di inizio settimana con la giornalista e divulgatrice scientifica Roberta Villa, Marco Montemagno racconta che a Londra, e ancor di più a Brighton dove si sono registrati diversi casi di coronavirus, non ha visto “alcuna mascherina”. In Italia abbiamo assistito all’assalto dei supermercati, ai furti delle mascherine in ospedale e alla caccia all’Amuchina.
Perché una reazione tanto diversa? È dovuta solo all’esasperazione dei toni da parte dei media o c’è di più? Si tratta di una differenza culturale?
Devo dire che il dubbio è lecito e penso che sia venuto anche ad alcuni dei miei clienti che, quando traduco commenti sui mercati finanziari, mi chiedono di essere più “morbida” rispetto all’originale: quando nell’inglese compaiono termini come crash, collapse, debacle, alcuni clienti chiedono di utilizzare semplicemente parole come calo, flessione dei mercati, evitando di esprimersi in termini troppo negativi.
Perché mitigare una terminologia volutamente forte nella lingua originale? O meglio, perché gli investitori di lingua inglese possono leggere di sell-off senza darsela a gambe e invece gli investitori italiani sarebbero allarmati leggendo una traduzione più letterale?
Evidentemente ci lasciamo condizionare troppo dalle emozioni e ancor di più da alcuni titoli catastrofici riportati sulle prime pagine dei giornali. Ora che l’emergenza si sta ridimensionando, da più fronti si denuncia il comportamento poco deontologico dei media sempre a caccia di scoop. Ma anche dando per scontata una certa responsabilità del mondo dell’informazione, anche noi italiani siamo evidentemente predisposti a reazioni estreme. E questa psicosi ci sta costando cara: Mariangela Pira su LinkedIn parla di perdite per 700 milioni di euro (stime Cassa Depositi e Prestiti al 27 febbraio).
Si tratti o meno di una questione culturale, questa riflessione mi ha portata a rivalutare le richieste dei miei clienti di “sfumare” la terminologia troppo pessimista dei commenti finanziari. Se inizialmente mi sentivo un po’ a disagio (il compito del traduttore è tradurre fedelmente quanto riportato nell’originale), ora mi sento più giustificata ad adattare, ove richiesto, la terminologia più negativa. Quasi come una sorta di “localizzazione” terminologica: se in un sito Web cinese è consigliabile evitare il bianco in quanto colore del lutto, allora nelle traduzioni finanziarie può essere giustificabile utilizzare una terminologia meno allarmista per non innescare l’emotività dell’investitore italiano. Ne parla diffusamente anche la finanza comportamentale che dimostra come le decisioni degli investitori non siano basate solo su asimmetrie informative o pure il mancato funzionamento della teoria dei mercati efficienti, ma anche su comportamenti irrazionali, influenzati da emozioni forti.
Restando sempre al mondo finanziario, molti consulenti stanno consigliando di mantenere la calma e non liquidare le proprie posizioni. “Seguire le ondate emotive porta in genere a ottenere pessimi risultati”, lo dice Massimiliano Malandra nel suo appuntamento settimanale Straight to the Point. Lo conferma anche il notissimo Warren Buffet:
Questo ribasso non mi preoccupa, anzi è una buona notizia. Compriamo costantemente azioni in un’ottica di lungo periodo e torniamo sempre sulle azioni quando dopo un ribasso è necessario riequilibrare il loro peso. È come comprare cibo, tutti noi continuiamo a farlo nel corso della nostra vita, senza aspettare che il prezzo si azzeri. Le persone dovrebbero imparare ad approfittare di queste correzioni, non a temerle.
Gli investitori italiani saranno in grado di tenere a bada tutta questa emotività?